Il punto274 | Ponticelli violenta

​La camorra dissotterra l’ascia di guerra e Napoli ripiomba nel terrore. Nella mattinata e nel pomeriggio del 25 giugno si sono verificati due agguati nella zona orientale della città: in uno dei due agguati ad essere colpito ad una natica è stato Francesco De Martino, 49enne e padre di quell’Antonio che per anni è stato uno degli uomini più fidati del boss Marco De Micco, capo indiscusso del sodalizio criminale dei ‘Bodo’, almeno fino al suo arresto; il clan è nato da una costola dello storico clan Cuccaro di Barra e vincitori de facto della guerra che negli anni scorsi li ha opposti ai D’Amico del rione Conocal. Come si evince dalle dichiarazioni rilasciate da uno dei pentiti dello stesso clan, Rocco Capasso il quale ha iniziato a collaborare a giugno scorso, il clan dei Bodo ha saputo imporre la propria egemonia nell’area orientale di Napoli attraverso metodi efferati, ovvero attraverso omicidi, gambizzazioni ed estorsioni e reclutando nelle proprie fila giovani della comune criminalitá organizzata o appartenenti allo storico gruppo rivale dei D’amico. Come riportato dal sito online Internapoli.it,  i sicari protagonisti dell’agguato  ‘irriducibili’ avrebbero un nome: Minichini-Schisa, da tempo radicati nei palazzoni di via delle Metamorfosi e in stretta alleanza con i Rinaldi del rione Villa di San Giovanni a Teduccio. Tale gruppo sarebbe al momento guidato da un giovanissimo legato da vincoli di parentela proprio al clan D’Amico. I sicari avrebbero agito, stando alle prime ricostruzioni, in risposta ad un altro agguato che era stato organizzato nella mattinata, ma prontamente sventato dalla squadra mobile, infatti nella mattinata i poliziotti hanno intercettato due scooter con a bordo quattro persone con volto travisato e armate. Nel mirino sarebbe finito Ciro Cerrato, uomo legato al clan nemico dei De Micco. Le vicende verificatesi nelle ultime 24 ore possono essere, anche se non vi è la certezza, indice di un allarmante risveglio della criminalità organizzata dal punto di vista militare: da alcuni mesi gli agguati di origine camorristica sembravano essere passati in secondo piano soprattutto vista la forte repressione da parte dello Stato e delle forze dell’ordine che attraverso numerose indagini ed operazioni sono riuscite ad arrestare buona parte dei boss e degli elementi di spicco dei numerosi clan che affollano Napoli e provincia, costringendo gli stessi clan a rivedere le proprie “ambizioni criminali” e di espansione territoriale, malgrado ciò gli agguati della zona orientale rappresentano un allarme che potrebbe fare scaturire una nuova faida tra i clan che da tempo si fronteggiano in quel territorio. 

Giulio Salimbeni

Istituzioni ALL’OPERA |Nuove misure in materia di sequestri di persona

Testo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8
(in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 12 del 15 gennaio 1991)
coordinato con la legge di conversione 15 marzo 1991, n. 82
recante:
“Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia”.

 

Leggi qui il testo del decreto-legge

Il punto273 | ‘O prufessore

Santi e camorristi stavano nella nostra immaginazione
alla pari. Ad essi assegnavamo lo stesso potere
taumaturgico, la stessa capacità di risolvere
e mettere a posto affari impossibili”
Raffaele Cutolo

 

‘O Prufessor, all’ anagrafe Raffaele Cutolo, è stato un potentissimo e spietato boss di Ottaviano che ha guidato per molti anni la camorra napoletana. Cutolo è stato colui che ha determinato una svolta nella malavita napoletana tentando di dare alla camorra una composizione nuova e lo fece fondando la NCO, Nuova Camorra Organizzata.
La NCO ha lasciato un segno indelebile nella storia della camorra napoletana, fondata il 24 ottobre 1970 (il giorno di San Raffaele) è rimasta in scena per tanti anni; questa struttura gerarchica fu creata per rendere indipendenti i clan napoletani, così per eliminare il dominio della mafia siciliana, in particolare sul contrabbando. Ed ecco che così la camorra si trasforma da criminalità umile a organizzazione potente e spietata (Ripresa dei riti della camorra dell’800; Traffico di droga; Nascita di un nuovo profilo criminale, l’imprenditore camorrista).
A Raffaele Cutolo piaceva ostentare potere e ricchezza, infatti nel 1980 comprò un castello mediceo, la sua rivalsa sociale, dato che l’ammirava sin da bambino, quando suo padre, umile contadino, coltivava un pezzetto di terra proprio accanto a questo castello. L’edificio oggi è del Comune di Ottaviano ed è amministrato da un sindaco avvocato penalista.
Don Raffaele è stato condannato a 14 ergastoli, il carcere è stato ed è tutt’oggi il suo regno dove prendeva decisioni per l’interno e l’esterno. Ed è proprio lì che è stato soprannominato “’O Prufessor”, perché era tra i pochi a saper leggere e scrivere ed impartiva lezioni a chi non lo sapeva fare .
Su di lui sono stati realizzati film, canzoni e libri che hanno mitizzato il personaggio. Cutolo non si è mai pentito perché, legato al vecchio stile camorristico,  il pentimento rappresenta un forte disonore, infatti per lui “la dignità vale più della libertà”.

 

Rosa Russo

InTesi | I Rapporti Stato-Mafia: Il caso Cirillo

Titolo tesi: “I Rapporti Stato-Mafia: Il caso Cirillo”
Autore: Laura Ciotola
Università: Suor Orsola Benincasa
Anno accademico : 2017/2018

Obiettivo della ricerca: Comprendere i rapporti Stato-Mafia legati al caso del sequestro Cirillo. Le mafie infatti si combattono anche attraverso la faticosa ricerca della verità. “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni” Giovanni Falcone

La frase: “Il bilancio del caso Cirillo per Antonio Gava fu questo “Che reato abbiamo commesso? Tentare di salvare una vita umana…è reato?”
No cercare di salvare una vita non è un reato ma è giusto trattare per la vita di un uomo di Stato con qualsiasi mezzo? e soprattutto la domanda che probabilmente non troverà mai risposta: perché trattare per Cirillo e non per Moro?

Parole chiave: Stato, Mafia, Cirillo, sequestro, relazioni.
L’autore oggi: studia per un master in pubblicità e si dedica al disegno e alla lettura.

Il punto272 | Il caso Cirillo

Ciro Cirillo, esponente della Dc , fu presidente della provincia di Napoli,  poi presidente della regione Campania, assessore regionale ai lavori pubblici e vicepresidente del Comitato tecnico per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980.
Nel 1981 fu rapito dalle Brigate Rosse che lo liberarono dopo 3 mesi.
Sulla liberazione calò il silenzio. Non ne parlò lui in maniera chiara, non ne parlò il partito e soprattutto fu messo a tacere  chi se ne occupava in maniera istituzionale come il magistrato Alemi.
La questione delicatissima, che lo stesso magistrato oggi in pensione ha deciso di raccontare nel suo ultimo libro, di fatto riguarda una trattativa Stato -camorra.
All’indomani del rapimento, uomini politici del partito di Cirillo andarono a chiedere l’intercessione presso le BR del potente camorrista detenuto Raffaele Cutolo.
Non di semplice riscatto si trattò dunque, ma di una trattativa con la camorra che in cambio chiese danaro per sé e le BR ma soprattutto appalti per la ricostruzione post terremoto.
E qui nascono due interrogativi (almeno):
1. Perché si pagò il riscatto per Cirillo e non per Moro?
2. Si poteva evitare un intermediario tanto pericoloso come la camorra?
Una delle pagine più controverse della storia italiana tra le pagine di un magistrato più volte richiamato dalle istituzioni per il suo lavoro scomodo.

 

 

Simona Melorio